Alla mia città...
Se io fossi San Gennaro
Se io fossi San Gennaro non sarei così leggero,
con i miei napoletani io m'incazzerei davvero.
Come l'oste fa i conti dopo tanto fallimento,
senza troppi complimenti sarei cinico e violento.
Vorrei dire al costruttore del centro direzionale
che ci può solo pisciare perché ha fatto un orinale.
Grattacieli di dolore, un infarto nella storia,
forse è solo un costruttore che ha perduto la memoria.
Nei meandri dei quartieri di madonne e di sirene
paraboliche ed antenne sono aghi nelle vene.
E nei vicoli dei chiostri di pastori e vecchi santi
le finestre anodizzate sono schiaffi ai monumenti.
E' come sputare in faccia ai D'Angiò, agli Aragona,
cancellare via le tracce di una Napoli padrona.
E' lo sforzo di cagare dell'ignobile pappone
sulle perle date ai porci da Don Carlo di Borbone.
E' perciò che mi accaloro coi politici nascosti
Percheésolamente loro sono i veri camorristi,
a cui Napoli da sempre ha pagato la tangente
e qualcuno l'ha incassata con il sangue della gente.
E per certi culi grossi il traguardo è la poltrona
e per noi poveri fessi basta solo un Maradona.
E il miracolo richiesto di quel sangue rosso chiaro
lo sa solo Gesù Cristo che quel sangue è sangue amaro.
Lo sa il Cristo ch'è velato di vergogna e di mistero
da quel nobile alchimista, principe di Sansevero.
E con lui lo sa Virgilio, il sincero Sannazzaro,
Giambattista della Porta che il colpevole è il denaro.
E nessuno dice basta per il culto della festa
e di Napoli che resta sotto gli occhi del turista.
Via i vecchi marciapiedi, che hanno raccontato molto,
pietre laviche e lastroni seppelliamoli d'asfalto...
...l'appalto!
Ma non posso più accettare l'etichetta provinciale
e una Napoli che ruba in ogni telegiornale.
Una Napoli che puzza di ragù, di malavita,
di spaghetti cocaina e di pizza margherita.
Di una Napoli abusiva, Paradiso artificiale,
con il sogno ricorrente di fuggire e di emigrare.
E di un popolo che a scuola ha creato nuovi corsi
e la cattedra che insegna qual è l'arte di arrangiarsi.
Io non posso più accettare l'etichetta di terrone
e il proverbio che ogni figlio è nu bello scarrafone!
E mi rode che Forcella è la casbah del furbone
che ti scambia con il pacco, uno stereo col mattone.
Se io fossi San Gennaro giuro che vomiterei
la mia rabbia dal Vesuvio, farei peggio di Pompei!
E poiché c'ho preso gusto con la scusa del santone
io ritengo che sia giusto fare pure qualche nome.
Chiedere a Pino Daniele che fine ha fatto "Terra mia",
"Siamo lazzari felici", "Quanno chiove", "'A pecundria",
"Napule è 'na carta sporca... Napule è mille paure...",
ma pe' chhiste viche nire so' passate 'sti ccriature:
Da Pontano a Paisiello, Giulio Cesare Cortese,
da Basile a Totonno Petito, fino a Benedetto Croce.
Da Di Giacomo a Viviani, poi Caruso coi Parisi,
da Totò ai De Filippo, fino a Massimo Troisi.
C'è passato Genovesi e Leopardi con orgoglio,
la romantica Matilde e "Il Mattino" di Scarfoglio.
Filangieri, Cardarelli, tutto l'oro di Marotta,
c'è passata la Madonna che ora vedi a Piedigrotta.
Un Luciano De Crescenzo, "Bellavista" di Milano,
e Sofia che da Pozzuoli oggi parla americano.
Un Roberto De Simone che le ha preso pure il cuore,
ora cerca di sfruttarla Federico Salvatore.
Ma non posso tollerare chi si arroga poi il diritto
di cambiare e trasformare tutto ciò che è stato fatto.
Di chi vuol tagliar la corda con la vecchia tradizione,
di chi ha messo nella merda la cultura e la canzone.
Io non posso sopportare che un signore nato a Foggia
porta Napoli nel mondo e la stampa lo incoraggia.
E che il critico ha concesso al neo-melodico l'evento
di buttare in fondo al cesso Napoli del Novecento.
Perché ancora io ci credo e mi incazzo ve lo giuro
che Posillipo e Toledo li divide un vecchio muro,
come quello di Berlino che ci spacca in due metà:
uno è figlio 'e bucchina, l'altro è figlio di papà!
Se io fossi San Gennaro giuro che mi vestirei
Pulcinella Che Guevara e dal cielo scenderei
per gridare alla mia gente tutto ciò che mi fa male
e finire da innocente pure io a Poggioreale.
Perché come Gennarino sono vecchio in fondo al cuore,
la speranza Iervolino può lenire il mio dolore?
Io ho capito che la vita è solo un viaggio di ritorno,
che domani è già finito e che ieri è un nuovo giorno.
Sembra un gioco di parole ma mi sento più sicuro
coi progetti dal passato e i ricordi del futuro.
E alla fine del mio viaggio chiedo a Napoli perdono
se ho cercato con coraggio di restare come sono.
(Federico Salvatore)